Scream 4 (Wes Craven) ★★/4

Scream 4, USA, 2011, 103 min.

Due biondone guardano alla tv un horror lamentandosi della sua scontatezza e vengono uccise dopo aver risposto al cellulare. Altre due biondone irridono la situazione del film con le due biondone di prima in tv e vengono uccise dopo aver risposto al cellulare. Due biondone guardano le due biondone che guardano le due biondone in tv e vengono uccise dopo aver risposto al cellulare. Bastrerebbe l’incipit per far capire in quali territori si voglia muovere questo quarto capitolo – a più di dieci anni di distanza dal terzo – della fortunata saga di Wes Craven e Kevin Williamson (sì, quello di Dawson’s Creek). Teen-horror-slasher che hanno sempre giocato sulla presa in giro degli stereotipi, delle regole del genere, sulla propria consapevolezza dalla quale scaturisce il lato ironico di queste pellicole. E si può dire che dopo che i tre capitoli erano andati in calando, l’inizio di questa nuova trilogia promette invece bene ed aggiorna alla contemporaneità l’atmosfera anni ’90 che contraddistingueva gli originali.

Per il quarto capitolo tornano i protagonisti storici della serie ovvero la sopravvissuta Sidney, il poliziotto Linus e la giornalista Gale, attorniati da una schiera di adolescenti pronti a diventare carne da macello. Ghostface (maschera-simbolo indossata di volta in volta da assassini diversi) torna a colpire dopo anni di inattività in occasione del ritorno in città di Sidney per promuovere il libro che ha scritto sulle proprie esperienze. Il passato sembra non abbandonarla e torna a bussare alla sua porta quando ricominciano gli omicidi di persone a lei vicine…

Mentre Gale (la Courtney Cox di Friends) era tassello importante della prima trilogia, impersonando un tipo di giornalismo d’assalto rapace, senza scrupoli e tutto rivolto verso lo sfruttamento delle disgrazie altrui in favore del successo personale, in Scream 4 – nel 2011 – il tema e il personaggio vengono ridimensionati a fronte delle ossessioni di questo inizio millennio per tecnologia e social network. I giovani hanno sempre il cellulare in mano e addirittura i due nerd della pellicola registrano tutto con webcam per caricare il materiale immediatamente sul loro blog: quando iniziano gli omicidi è come vivere in un sogno malato per loro, tanto più che anche Ghostface mette i video dei suoi omicidi in rete. Certo queste riflessioni non sono particolarmente originali e risultano un pò semplicistiche, ma è anche vero che sono messe in scena in maniera più consapevole e ironica che nella media degli horror contemporanei.

Nella decade trascorsa tra l’ultimo Scream e questo abbiamo poi assistito a una quantità senza precedenti di sequel, remake e saghe sterminate (Saw su tutti), di conseguenza anche il gioco metacinematografico di Scream 4 si fa ridondante e spinto all’estremo come ad esempio nella scena iniziale sopra descritta. Inoltre il film nel film di Scream, ovvero Stab – Squartati – è arrivato addirittura al settimo capitolo e i ragazzi organizzano feste-maratone rituali per rivederli tutti. Come ci insegnano gli stessi protagonisti del film spiegando le regole degli slasher (altro tormentone della saga)  un party è il luogo migliore per un killer e per la sua carneficina; difatti così sarà, anche se non tutto può essere calcolato.

Mentre in questo genere di film la tensione cresce esponenzialmente più il cattivo è invisibile, fulmineo e spietato, la saga di Scream ha sin dall’inizio puntato su un geniale ribaltamento delle caratteristiche del villain, così che anche in questo quarto capitolo Ghostface è spesso visibile, inciampa, si fa picchiare, commette errori grossolani; la tensione in questo modo viene meno, ma è una rinuncia intelligente dato che lo spettatore contemporaneo sa fin troppo bene quali saranno i momenti de paura.

La trama certo non è tra le più intricate, anche se la solita caccia al serial killer che ogni spettatore fa vedendo il film riserverà qualche sorpresa. Di spaventi comunque neanche l’ombra, ma qualche scena da slasher puro è sanguinolenta al punto giusto e ci ricorda che non stiamo vedendo uno Scary Movie.  Il divertimento è inoltre garantino da tutta la parte metanarrativa e sul cinema, piena di citazioni e situazioni che ammiccano esplicitamente al pubblico. Peccato che l’ultimo quarto d’ora abusi un pò troppo della sospensione dell’incredulità da parte dello spettatore e sfiori più volte il ridicolo per quanto volontario, anche se rimane interessante come Craven reinterpreti l’ossessione digitale contemporanea e il rapporto simbiotico vittima/carnefice.

EDA

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